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WhatsApp spia quel che facciamo

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Come è noto, WhatsApp ha superato il totale di un miliardo di utenti e rappresenta quindi l’applicazione di messaggistica istantanea multipiattaforma più utilizzata in assoluto a livello mondiale. Un successo planetario che continua ad aumentare di giorno in giorno, facendone un vero e proprio fenomeno di costume.
Periodicamente, però, l’app è oggetto di furibonde polemiche, come quella che ha caratterizzato l’adozione della doppia spunta blu, che suscitò all’epoca le proteste di molti utenti, costringendo infine l’azienda a tornare indietro.

Stavolta a fornire lo spunto per una nuova tornata di proteste potrebbe essere un difetto il quale consentirebbe a chi sia dotato di buone conoscenze tecniche di utilizzare il suo PC per capire alcune abitudini delle persone con cui interagisce su WhatsApp. Il monitoraggio in questione è reso possibile dal fatto che sia praticamente impossibile cercare di disattivare lo status online, fornendo così campo fertile a chi ad esempio volesse sapere gli orari nei quali un utente si sveglia la mattina, quanto dorme o se il suo sonno sia più o meno regolare.

A rivelare questo inconveniente della famosa applicazione di messaggistica è stato Rob Heaton, un ingegnere informatico che ha affermato come sia possibile varare un’estensione per Chrome, appena quattro righe di istruzioni, per poter dare vita ad una sorta di spionaggio nei confronti dell’utente interessato.
Naturalmente non è detto che una persona appena riemersa dal sonno vada a chattare con WhatsApp o che lo faccia durante la notte, magari non riuscendo a dormire con regolarità. Inoltre non è neanche sicuro che tutti gli utenti si ricordino di disattivarla prima di andare in braccio a Morfeo.
Ancora una volta, però, ad emergere è il tema relativo ad un rapporto spesso problematico, se non distorto, con la tecnologia, alla quale andiamo a conferire una rilevanza sin troppo estesa, invece di utilizzarla per migliorare realmente le nostre esistenze.

Nel caso specifico, secondo alcuni, sarebbero ad esempio le case che producono sonniferi a poter avere un potenziale ritorno dalle informazioni assunte per questa via, dando però luogo ad una palese violazione della privacy tale da poter essere sanzionata senz’altro dalle authority che si interessano delle tematiche legate alla riservatezza dei dati personali.

Va comunque sottolineato che la stessa problematica riscontrata su WhatsApp varrebbe praticamente per tutte le applicazioni simili, tanto da spingere qualche osservatore esterno a ricavarne l’impressione che alla fine la questione si risolverà in una sorta di campagna pubblicitaria a suo favore.

 

[Foto: www.beencrypted.com]


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